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30 Ottobre 2023

Il viaggio tra le fiabe di Italo Calvino

La natura migratoria delle fiabe

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Il viaggio tra le fiabe di Italo Calvino
La natura migratoria delle fiabe

Nell’introduzione al libro “Fiabe italiane, raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti da Italo Calvino”, l’autore parla di un viaggio tra le fiabe che nasce “da un’esigenza editoriale: si voleva pubblicare, accanto ai grandi libri di fiabe popolari straniere, una raccolta italiana. Ma che testo scegliere? Esisteva un “Grimm italiano?”.

Oltre la spinta iniziale della Casa editrice Einaudi, il viaggio tra le fiabe attrae Calvino, che parla di un “… salto a freddo, come tuffarmi….“ , per tutta una serie di motivazione che lo rendono l’autore più capace, per passione e stile, a realizzare la raccolta delle 200 fiabe italiane, a cui egli lavorerà dal 1954 al 1956, anno della pubblicazione. Tra lo stile di Calvino e la specificità del linguaggio della fiaba è possibile intravedere una sinergia che lo stesso Calvino ricorda. Ha scritto a riguardo (Sulla fiaba) “Fu Pavese il primo a parlare di tono fiabesco a mio proposito, e io, che fino ad allora non me n’ero reso conto, da quel momento in poi lo seppi fin troppo, e cercai di confermare la definizione. La mia storia cominciava a essere assegnata, e ora mi pare tutta contenuta in quell’inizio.”

Il viaggio nel mondo delle fiabe era sostenuto da un’altra forte motivazione, atta a vivere il lavoro, in cui si era immerso “disarmato d’ogni fiocina specialistica”, nei diversi aspetti specifici di studio, ma anche di raccolta, ascolto, trascrizione, comparazione. C’era in Calvino interesse e preoccupazione alla sopravvivenza della fiaba nel secolo dell’informazione, dell’informatica e dei computer. La fiaba, come forma narrativa fondata sull’oralità, avrebbe visto la sua esistenza entrare in crisi in un tempo in cui le innumerevoli versioni esistenti nei territori italiani non avessero più potuto passare “di bocca in bocca, di paese in paese”, con l’avvento della televisione che si apprestava a sostituire le fiabe tramandate da una generazione all’altra. La tradizione orale, inoltre, presto non avrebbe più potuto contare sulle ricerche e sugli studi del folklore che avevano da sempre mantenuto la memoria di quel patrimonio, anche attraverso le tante trascrizioni regionali.

L’opera monumentale dei fratelli Jacob e Wilhelm Grimm sulle fiabe tedesche, pubblicata nel 1812, aveva espresso la rivisitazione colta e letteraria di un patrimonio popolare per secoli caratterizzato dall’oralità. Allo stesso modo Calvino, in conformità con la raccolta dei Grimm, attinge a un patrimonio molteplice, disseminato in ogni regione italiana per realizzare un’opera che possa rappresentare tutti i tipi di fiaba di cui è documentata l’esistenza nei dialetti italiani, rappresentando così tutte le regioni italiane. Utilizza le raccolte dei folkloristi della seconda metà dell’Ottocento che avevano trascritto le narrazioni orali dalla viva voce del popolo. Calvino ha letto biblioteche di materiali, imparato tutti i dialetti italiani per cercare, tra le tante versioni della stessa fiaba, quella “più bella e più caratteristica e più impregnata dello spirito del luogo”. Del passaggio dai testi popolari alla elaborazione letteraria, Calvino riconosce il merito al popolo italiano che ha “un’arte di raccontare fiabe….. piena di felicità, di inventiva fantastica, di spunti realistici, di gusto, di saggezza”. In realtà il merito è anche di Calvino che per due anni ha saputo vivere in mezzo a boschi e palazzi incantati, e che ha saputo rendere accessibile a lettori italiani e stranieri ”il mondo fantastico contenuto in testi dialettali non del tutto decifrabili.”

Finito il viaggio tra le fiabe, Calvino scrive di essere stato confermato nell’unica certezza che lo aveva spinto al viaggio tra le fiabe, la sua forte convinzione che le fiabe sono vere «Sono prese tutte insieme, nella loro sempre ripetuta e sempre varia casistica di vicende umane, una spiegazione generale della vita, nata in tempi remoti e serbata nel lento ruminio delle coscienze contadine fino a noi; sono il catalogo dei destini che possono darsi a un uomo e a una donna, soprattutto per la parte di vita che è il farsi di un destino: la giovinezza, dalla nascita che porta in sé un auspicio o una condanna, al distacco dalla casa, alle prove per diventare adulto e poi maturo, per confermarsi come essere umano. E in questo sommario disegno, tutto: la drastica divisione dei viventi in re e poveri, ma la loro parità sostanziale; la persecuzione dell’innocente e il suo riscatto... ; l’amore incontrato prima di conoscerlo e poi subito sofferto come bene perduto; …..; la fedeltà a un impegno e la purezza di cuore come virtù basilari che portano alla salvezza e al trionfo; la bellezza come segno di grazia, ma che può essere nascosta sotto spoglie d’umile bruttezza come un corpo di rana; e soprattutto la sostanza unitaria del tutto, uomini bestie piante cose, l’infinita possibilità di metamorfosi di ciò che esiste» (Fiabe italiane, Introduzione).

Leggere le Fiabe italiane vuol dire avvicinarsi a un patrimonio di tradizioni e di cultura, capace di legare le generazioni e disegnare orizzonti di esperienza. Vuol dire riscoprire la realtà nel suo rapporto con la fantasia. Citando B. Bettelheim “La mia prima e ultima filosofia, quella a cui credo con incrollabile certezza, l’ho imparata nella mia stanzetta di bambino […] le cose a cui credevo di più allora, e a cui credo di più oggi, sono quelle che vengono chiamate fiabe”. (2008)

La fiaba è il luogo del meraviglioso, il racconto in cui realtà e fantasia, vita e immaginazione partecipano della stessa legittimità; la fiaba apre un’alternativa alla realtà, le sue strutture narrative sono capace di sovvertire l’ordine dei fenomeni e dei fatti umani senza alienare nell’evasione” (Gianni Rodari, “Favole al telefono”, Torino, Einaudi, 1975).

Le fiabe sono di natura migratoria: viaggiano nel tempo e nello spazio, attraverso secoli e continenti, ma anche attraverso gli strati sociali, descrivendo di volta in volta un itinerario di discesa o di ascesa, catturate nel circuito di una narrazione che si riproduce e trasforma incessantemente gli ascoltatori in narratori e viceversa”. (Italo Calvino, Sulla fiaba, Mondadori)

Mirella Mazzarini

Presidente dell'Unicef Marche ed ex dirigente scolastica. Da anni è impegnata nel campo del volontariato e della pedagogia.

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